Words of Wisdom

Blessed Luigi Guanella said...
Santissima Provvidenza di Dio, provvedeteci voi! Cuore di Gesú, pietá di noi! Cuore di Maria, pregate per noi!




 


Don Luigi Guanella - Cenni Biographica

Tratto da Pietro A. Tamborini

Capitolo 1: Il Piccolo Montanaro


In una di quelle conche alpine che riserbano ancora una freschezza aromatica, e nella voce del creato e nel cuore degli abitanti, nasceva Don Luigi Guanella il 19 dicembre 1842.

Nevicava quel giorno nella dirupata Valle S. Giacomo, aperta alle bufere dello Spluga; eppure, dal solitario paesello di Fraciscio, in provincia di Sondrio, il piccolo Luigi venne subito portato con amore ansioso a Campodolcino, capoluogo, dove, nella parrocchiale di S. Giovanni Battista, ricevette le acque rigeneratrici del Battesimo il 20 dicembre. In quella grigia alba di valle nell'inverno lassú ormai inoltrato, Pa' Lorenzo, scendendo col passo sicuro da montanaro verso la bianca chiesa, non sognava certo di quel suo figliuolo, che portava al Battesimo, tanta gloria, tanto bene; ma quell'alba invernale fu invece davvero fulgida alba estiva, luce promettente di trionfo.

Dalla madre Maria Bianchi, della frazione di Motta, Luigi ebbe il cuore formato a delicatezza di sentire, perché quella donna, laboriosa e vigilante, aveva tutta la pratica semplicitá delle anime belle; dal padre Lorenzo, tipica figura d'alpigiano, attinse quell'energia intraprendente e pur dolce che lo doveva caratterizzare in avvenire.

Pastorello, nel silenzio degli alti pianori imparò a trovare Dio nella preghiera e nell'innocenza della vita; a sera nella casa paterna attorno al povero desco si stringeva la numerosa corona vivace dei fratelli, delle sorelle, ed il padre recitava il santo Rosario, mentre la mamma col suo contegno pio insegnava l'amore alle cose sacre.

A sette anni quella tenera anima pura si apriva la prima volta al confessore nella Chiesa di S. Rocco in Fraciscio; a nove anni Gesú entrava nel suo cuore, e durante la poesia di quella giornata santa, la più bella della vita, ebbe Luigi una visione, nella quale il Signore gli concesse di dare uno sguardo al futuro. Sull'altura di Gualdera, di là del torrente Rabbiosa, ne fu da lui stesso indicato il posto; tuttavia la sua modestia non volle accennare altro se non che gli apparve la Madonna, la quale gli presentava con gesto pietoso schiere di orfanelli e d'infelici erranti.

In affettuosi, intimi trattenimenti, maggiori particolari invece egli narró di un'altra visione avuta da fanciullo a Campodolcino, presso la chiesa parrocchiale, il giorno di S. Giovanni Battista, che lassú è festa grande. "Statura mingherlina, capelli bianchi, faccia bruna, calzoni corti, calze di lana non tinta, volto amorevole, occhi pietosi" un beJ vecchietto stendeva le bianche mani, con soave, invitante sorriso, al fanciullo Luigi che, prima di entrare in chiesa, stava per riporre, dietro una catasta di legna, un cartoccio di umili dolci, avuti in regalo quel giorno di sagra.

Certo non possiamo determinare con sicurezza dove finisca l'ordinario e cominci lo straordinario nella sua esistenza. Tutti i suoi anni, specialmente quelli piú avanzati, sono ripieni di tali e tante coincidenze che davvero vi si discerne il dito di Dio. Nella vita dei santi, anche le azioni piú comuni sono talmente intrecciate e soffuse di spiritualitá, di luci mirabili e di provvidenza regolatrice che non si puó a meno di chinare il capo pensosi davanti a certi fatti, i quali costituiscono quasi il tratto di unione fra il mondo sensibile ed il mondo soprannaturale.

Nella sorella Caterina, Luigi ebbe un angelo tutelare che, a lui somigliante nella bontà, forniva argomento pio di conversazione e di giuochi infantili; talvolta in certi cavi di roccia, vicino a casa, mettevano terriccio ed acqua e, rimescolando, dicevano: "Quando saremo grandi faremo così la minestra ai poveri"; in unione di preghiera e di amore, il popolo di Fraciscio bene spesso li ammiró inginocchiati nella piccola chiesa montana.

Anime fanciulle che, quasi inconscie, nella bellezza del creato, nei divertimenti semplici cantavano cosi il loro inno a Dio, preparandosi alle future battaglie della vita dove tante corone avrebbero poi raccolte per il cielo!

A dieci anni lo troviamo a Pianazzo, il caratteristico paesello come un nido d'aquila imbalconato fra i dirupi, a cui sale ardimentoso lo stradale che muove al varco dello Spiuga; Pianazzo, l'austero villaggio alpestre, che mostra ai raggi del sole folgorante l'onda argentea e fragorosa della sua imponente cascata.

Ivi Luigi da quel parroco, Don Antonio Buzzetti, imparò e perfezionó l'istruzione elementare e, nella dimestichezza del sacerdote di Cristo, andò in lui affinandosi quel nobile sentimento che doveva poi condurlo, passo passo, all'altare.

Capitolo 2: In Seminario

Campodolcino! Bianche casucce come branchetti ineguali di pecore pascenti nella verde conca, mentre custode fedele vigila il campanile della parrocchiale, che ridesta talvolta gli echi della valle e dei monti con lo squillo delle campane ammonitrici; Campodolcino, piano di dolcezza e di quiete, dove lo spirito ama riposare, dopo aver errato a lungo fra la valanga immane degli scheggioni minacciosi e l'asprezza dell'erte! Le vette estreme cingono questo gentile paese d'una corona altera e candida nelI'azzurro del cielo; il fiume Liro, che rumoreggiando rode in livide spume la famosa gola del Cardinello, pure sen viene placido in onde mormoranti, quasi vinto da sì grande pace, per poi riprendere la discesa risonante e rabbiosa verso la forte Chiavenna.

Luigi amava tanto il suo caro paese, eppure nell'ottobre 1854, appena dodicenne, con mestizia profonda e con grandi speranze, lo abbandonava, diretto a Como nel Collegio Tolomeo Gallio, dove il buon prevosto Don Gaudenzio Bianchi di Motta gli aveva trovato un posto gratuito. Don Gaudenzio è stato sempre ricordato dai vecchi di Campodolcino come una delle figure più belle e venerande dei tempi passati: sacerdote secondo lo spirito di Cristo, furono innumerevoli le vocazioni da lui coltivate, aiutate, indirizzate a porto sicuro; restaurò la caratteristica Chiesa di S. Ermagora a Motta, eresse la stazione cattolica di Andéer, fu Direttore spirituale del Seminario Teologico, consolatore dei poveri, degli afflitti; da lui il Guanella, che gli fu intimo discepolo e parente per parte di madre, ebbe quella formazione soda e generosa ad un tempo, che doveva plasmare l'apostolo degli umili; riposa nel cimitero di Campodolcino; la sua memoria è in benedizione ed è ben degna d'esser tramandata in modo più efficace.

Nel Collegio Gallio, Luigi compi gli studi di grammatica e di umanità, conservando il suo candore illibato ed arricchendo la mente di cognizioni utilissime, modello ai compagni per l'osservanza della disciplina, nonostante il suo carattere ardente, e per l'applicazione alle materie scolastiche. Ivi conobbe il chierico Scalabrini, futuro vescovo di Piacenza, fondatore dell'Opera di S. Carlo per gli Emigranti, e Angelo Massara che poi divenne il notissimo 'curato santo' della Basilica di S. Vittore in Varese. Fra quelle anime generose fiorì un'amicizia tanto più sentita, quanto più basata sulle grandi idealità dell'apostolato.

Per le vacanze estive Luigi tornava nella vallata natia, cercando di alleviare anche con l'opera delle sue mani le strettezze della famiglia e, durante il tempo libero, dopo il lavoro e lo studio, intratteneva con pii discorsi, utili consigli e giochi, i fanciulli del paese; si faceva notare per il sacrificio e la pazienza grande nella cura degli infermi, per la sobrietà del cibo, per lo spirito pratico di iniziativa; devoto, composto, assiduo alle sacre funzioni, era segnato come modello.

Nel 1859, mentre l'ltalia fiammeggiava dalle Alpi al mare e le sette traevano occasione dall'amor patrio per scagliarsi contro la Chiesa, egli poteva finalmente vedere esauditi i suoi voti: nel Seminario di Como trovò il suo piccolo paradiso.

Lo studio della filosofia all'ombra della storica basilica di S. Abondio, sotto la guida di superiori santi e di professori valentissimi, lasciò nell'animo suo un ricordo incancellabile; la Teologia, appresa con profondità nel Seminario Maggiore in un piccolo ed intimo cenacolo di fede, valse a foggiare in lui una mente davvero sacerdotale.

Carattere vivo, intraprendente, sensibile, vinse ogni difficoltà mediante la preghiera, la mortificazione, I'obbedienza, di salute non troppo buona, tanto che uno dei suoi professori, il celebre Don Martino Anzi, al quale aveva chiesto un rimedio, gli ripeto tre volte il detto: "Caro mea non est aenea: la mia carne non è di bronzo"; non risparmiò né fatica, né studio, anzi volle assistere giorno e notte un compagno affetto da male contagioso incurabile; prefetto di disciplina, non sapeva adattarsi ad un sistema rigido di educazione ed amò la soavità ed i buoni modi; in quegli anni tumultuosi in cui molti, anche seminaristi, si lasciavano trascinare dalla corrente rivoluzionaria, egli conservò intransigenza di idee, dirittura di giudizio, pacatezza d'animo, "perché all'insaputa di altri e di se stesso ruminava in cuore ben altri desideri".

Il 26 maggio 1866, festa della SS. Trinità, mentre gravi torbidi erano in Como, da Mons. Bernardino Maria Frascolla, Vescovo di Foggia, esule e condannato a domicilio coatto, venne ordinato sacerdote.

"Ricordo come se fosse oggi l'imponente maestà del vescovo Frascolla ordinante, le esortazioni di fuoco che diresse a tutti noi, le tenere raccomandazioni che ci rivolse dopo averci dato il bacio della pace. Per questo beneficio insigne della sacra Ordinazione è più profondo in noi l'affetto della gratitudine figliale".Così Don Luigi Guanella.

Il giorno del Corpus Domini di quel 1866, nella devota Chiesa Collegiata di Prosto sopra Chiavenna, dedicata alla Madonna Assunta ed accarezzata dall'armonia del fiume Mera camminatore, celebrava la sua Prima Messa; il novello sacerdote, piangendo di gioia, vide così aprirsi vie grandi di bene, traverso il mondo, per la salvezza d'anime a migliaia.

Capitolo 3: Le Prime Battaglie

Piuro, la bianca cittadina adagiata in fondo valle, dal 1618 dorme sepolta sotto la gigantesca rovina del monte. Ora tra masso e masso, verdeggiano silenziosi i vigneti, e la roccia spaccata ancor minaccia, ed il fiume Mera sulla piccola Pompei alpina, da quel tragico giorno in risonanze meste, trascorre pellegrino eterno. E' rimasto soltanto il superbo palazzo Vertemate, unico ricordo di una gloria tramontata per sempre, e, voce dispersa, memore di un'immane sciagura, il campanone di Prosto, ritrovato fra la melma del fiume.

A Prosto, successa all'antica Piuro come capoluogo di pieve, Don Luigi non trovò campo sufficiente alla sua energia giovanile, perché quella Collegiata era troppo angusta per lui, dalle vedute ampie ed animato da zelo irrefrenabile. Allora i superiori lo destinarono alla parrocchia di Savogno, piccola invero, ma dove almeno avrebbe potuto agire di propria iniziativa.

Da canonico coadiutore che 'doveva e voleva' sacrificare talvolta i suoi progetti arditi all'amor di pace, ora Don Luigi diviene parroco e può, nella stretta cerchia della sua cura, manifestare le doti preziose.

Savogno, "il ridente paesello assiso in capo alla sua scala di duemila gradini, cosi grato nei miei ricordi per la sua pietà cristiana" - come esclamava il santo Cardinal Ferrari - Savogno di cui si disse "circondatelo di mura ed avrete un convento", apprezzò subito il nuovo curato.

Fu una gara santa di opere buone tra i figli spirituali ed il padre amorevole; vennero istituite scuole serali, classi festive, restaurata ed ampliata la chiesa, formato un nuovo cimitero, edificate cappelle; tutto insomma rifioriva e dava frutti ubertosi, dietro l'esempio di Don Luigi e della sorella Caterina, umile e virtuosissima.

A Chiavenna poi, Don Luigi, in unione col sacerdote Don Callisto Grandi, istituiva una Società di Mutuo Soccorso che fu la prima Società Cattolica sorta nel regno d'Italia. Indica questo il suo zelo per la salvezza delle anime; zelo logico, intransigente, senza viltà e patteggiamenti, che gli procurò la persecuzione del governo, le critiche dei colleghi e dispiaceri molti anche da parte dei superiori,

Ed ecco che in una nebbiosa e fredda sera del gennaio 1875, un sacerdote, sul fior degli anni, si presentava in Torino a Don Bosco, che l'accolse con grande amorevolezza e lo salutò con l'invito: - Andiamo in America?

Quel sacerdote era Don Luigi Guanella.

Come mai aveva lasciato il piccolo paese di Savogno, cosi bello e poetico all'ombra pia dei castani nella quiete della vallata alpina? Irrequieto cercava una via, la sua via; di cuore sensibilissimo, davanti a tante sventure e miserie si commoveva al pianto, voleva consolare e confortare, tergere le lacrime di tanti poveri infelici.

Mentre il liberalismo s'infiltrava ovunque e le turbe si davano al male, egli comprese che la carità sarebbe stato il mezzo migliore per preparare il ritorno a Dio di tanti fratelli perduti. E sorse allora grandioso nella sua mente il progetto d'una vasta casa di ricovero che fosse difesa vivente dell'ideale cristiano, che fosse asilo di pace per gli stanchi, e nel corpo e nel cuore, trascinantisi soli per le tristi strade del mondo. Ma ai vasti progetti non rispondeva il troppo ristretto orizzonte. Il canonico Lorenzo Sterlocchi scrisse in proposito: "Mi sovviene che, essendo chierico e trovandomi un giorno a Savogno nel suo giardino con un altro nipote pure chierico, ci disse: - lo voglio fondare un Istituto: mi aiutate? - Si, gli rispondemmo, ecco. E ridendo gli demmo venti centesimi per ciascuno. Li accettò egli, pur ridendo, e disse: - Lasciateli fare, ché frutteranno! "

Non riuscendo egli, per la pochezza delle sue forze e per difficoltà grandissime, a fondare questo sognato Istituto, si limitava ad aiutare giovani d'ambo i sessi nella loro vocazione accompagnandoli a Torino da Don Bosco, la cui fama s'era ormai diffusa in tutta Italia; e cosi decine di studenti e di artigiani avevano una casa ospitale che li educasse, come decine e decine di poveri deficienti presso il Cottolengo trovavano un sorriso di pace e d'amore. Non dobbiamo meravigliarci quindi se lo stesso Don Luigi, che faceva tre, quattro volte all'anno il viaggio di Torino in una peregrinazione pia di carità, ottenuto a stento il permesso de' superiori, d'improvviso lasciasse tutto e corresse da Don Bosco, trascinato dal suo ideale sublime.

Voleva Don Luigi che Don Bosco fondasse una sua opera nella diocesi di Como, per sovvenire a tanti bisogni urgenti, specialmente della Valtellina, fierissima e nobilissima terra, dove abbondano le miserie, gli ingegni e le vocazioni povere destinate purtroppo a perire per mancanza di mezzi.

Tre anni rimase con Don Bosco nella speranza che questi si valesse di lui per una fondazione nell'Alta Lombardia e non furono anni perduti, perché,se non riuscì nello scopo, apprese però alla scuola di quel santo i solidi fondamenti di ogni opera grande.

Ai primi di settembre del 1878, Don Luigi, richiamato dal vescovo Mons. Carsana, ritornava in diocesi dove "I'accoglieva lusinghiera la fama di 'mezzo matto' che l'avrebbe seguito amara ed avversa per anni e anni".

Ritornò, lasciando con dolore Don Bosco che tanto l'amava, ritornò alla ricerca della sua via un'altra volta. Davanti ai confratelli, agli amici, ai conoscenti appariva un vinto; egli invece aspettava fidente la grande ora di Dio, I'ora della Misericordia.

Capitolo 4: Un Fondatore Fallito

"Lassù, come ben sapete, vi sono case e conventi abbandonati per quelle fondazioni che avete fisso nella mente di fare; ma badate che non siano fantasie di cervello caldo ed illusioni funeste. Provate per vostro conto, chè vi benedico"

La severa figura di Mons. Pietro Carsana, con queste parole, congedava Don Guanella che, dopo il suo ritorno da Torino, veniva destinato come cappellano a Traona, nel Terziere inferio della Valtellina.

A Traona Don Luigi trovò un cumulo tale di difficoltà che avrebbe scoraggiato anche il più audace; ma egli colla costanza del montanaro! col sacrificio del santo, riusciva ad acquistare, dando fondo agli ultimi risparmi ed alla modestissima eredità paterna, I'antico convento dei Padri Francescani con la chiesa annessa.

Sorge sul fianco del colle, donde si gode uno dei più magnifici panorami, dalle Alpi alle tremule onde del lago di Como, dalla bassa Valtellina al florido piano di Colico, al tristemente famoso Pian di Spagna. In quel convento, opportunamente riattato, egli fondò una scuola privata per i giovanetti, ampliata di poi in forma di convitto per le vocazioni ecclesiastiche che gravava quasi totalmente sulla povera sua borsa.

"L'attecchire del povero collegio suonò in alto come un grido di pericolo, e, tolto pretesto che nel secondo anno si era aperto senza che si notificasse all'autorità competente, se ne ordinò la chiusura immediata con minaccia di multe e di pene severe".

Si rafforzò cosi la persecuzione al noto prete Guanella che, anche durante le pratiche di chiesa, molte volte, veniva sorvegliato da incaricati della questura; come avvenne a Morbegno, dove due carabinieri ed un delegato si fecero notare per la loro assidua presenza, durante la Quaresima da lui predicata con ardore non comune.

Ma quello che più lo straziava era l'incomprensione dei superiori e l'isolamento in cui era lasciato dagli stessi suoi confratelli; uno di essi, interpellato sulla fondazione del cappellano di Traona, lo aveva classificato come "un povero maniaco, noncurante delle disposizioni legislative, consigliando il superiore a confinarlo in qualche remoto angolo della diocesi, dove più non ardisse ritentare simili stranezze".

E Don Luigi da Traona passò a Gravedona, sempre in qualità di coadiutore, e poi venne messo in confino ad Olmo, nel chiavennasco, quattro casupole, strette intorno ad una piccola chiesa, buttate su un'erta asperrima fra montagne cupe e selvagge.

Cosi la critica ed il compatimento si davano la mano per dilaniare il cuore del povero fondatore fallito che tuttavia conservava sempre la sua fiducia nella Provvidenza.

Il Vicario Generale della diocesi di Como, già suo professore in Seminario, lo rimproverava una volta:

- Non sapete che la prima virtù é la calma?

- Professore, rispose Don Luigi Guanella umile, umile, ella mi ha insegnato un giorno che la prima virtù è la fede.

Capitolo 5: Il Paese Fortunato

Pianello Lario, un piccolo paese grigio che si specchia nell'onde azzurrine del lago di Como, tutto assorto in una pace intima, mentre d'intorno l'alte montagne elevano nella maestà solenne il loro inno a Dio, doveva essere la culla delle Opere di Don Luigi Guanella.

La Provvidenza scherza co' suoi santi e spesso, quando più le tenebre s'addensano, un raggio improvviso brilla consolatore, quasi per confortare l'umana debolezza, poi ancora talvolta tornano le tenebre; ma infine il Signore non prolunga di troppo la prova.

In pagine riservate scrisse Don Luigi: "Non so se nei viaggi di chierico o di neo-sacerdote, ricordo benissimo che, solcando il lago sul battello tra Dervio ed Olciasca, guardai verso la chiesa di Pianello, che non distinguevo, e mi parve di fissar in una luce di mente e provare un movimento di cuore, che pareva mi dicesse: - Guarda là, poiché in quel luogo avrai lavoro e soddisfazione soave".

E difatti, dopo tante vicende, mentre stava solitario sul picco d'Olmo, Don Luigi, 'l'esaltato da cui tutti dovevano guardarsi', veniva destinato a Pianello Lario, parrocchia rimasta vacante per la morte del santo sacerdote Don Carlo Coppini.

Prima ancora di salire al picco d'Olmo, Don Luigi aveva saputo a Gravedona della morte del parroco di Pianello ed ebbe sin d'allora (sono parole sue) "un pensiero chiaro nella mente che gli pareva ripetesse: - Tu ne sarai il successore".

Trascorsi parecchi mesi e ricevuto l'invito di recarsi a Pianello, caricata alla meglio la poca roba sua su un carrettino cigolante, il povero prete s'avviò, solo solo, là dove lo chiamava l'obbedienza.

"Ci ricordò più volte con singolare compiacenza, la strana modestia e povertà del suo ingresso nella nuova parrocchia. Si era agli ultimi d'ottobre o forse ai primi di novembre: e Don Luigi giunse in paese ad ora tarda, verso le undici di notte. La vecchia Martina dormiva già. Dovette scendere dalla sua stanza il settuagenario P. Mario o Fra Mario Bosatta, e con una pietra battere con tanta forza nella parete dell'unita casa parrocchiale da destare di soprassalto la servente. Gli apri la porta: e si andò a letto. L'indomani la domestica, verso le undici, domandò: - Che vuole le faccia da pranzo, signor curato?

- Quello che eravate usa disporre per il compianto Coppini

E a mezzadì Don Guanella in cucina si trovò vuotata sul tagliere un'allegra polenta con un po'di formaggio. Non c'era nemmeno una sedia. Mentre il nuovo curato mangiava, entrarono ad ossequiarlo il sindaco ed un assessore del paese ... col prevosto del vicino Musso ... Don Guanella offri loro quel pranzo solenne del giorno di ingresso; ma, veduta la povertà dell'invito, se n'andarono tosto..."

Abbiamo voluto riportare questo piccolo episodio, stralciandolo dalla poderosa Vita documentata che di Don Luigi Guanella scrisse Don Leonardo Mazzucchi, per dimostrare, fra l'altro, come 'il povero prete errante', pur compiendo tutto il bene possibile, nella sua umile semplicità aliena da ogni posa ufficiale, si considerasse soltanto di passaggio ne' luoghi assegnatigli dai superiori, perché si sentiva chiamato a lavorare in campo tutto diverso.

Quando il cancelliere vescovile, canonico Vincenzo Barelli, gli comunicò l'atto pontificio che lo nominava parroco di Pianello e l'invitò a riceverne la regolare istituzione, Don Guanella rispose: - lo servirò la mia parrocchia, ma come semplice amministratore - e diceva a se stesso: - Per essere più sollecito a scuotere le ali quando scocchi l'ora della misericordia.

"Quello che io voglio é questo: o una Istituzione, benché minima, secondo lo spirito di Don Bosco o del Cottolengo, ovvero le Missioni Estere, ossia meglio il ritorno a Don Bosco .. Niente mi duole dei trattamenti avuti fin qui, ma mi rincresce che, avendomi trattato da matto più che da savio, cerchino ancora in giornata di sviarmi dalla mia vocazione".

In tal modo si esprimeva don Luigi in una lettera del 1882, quando, già da oltre un anno, dedicava la sua cura alla parrocchia di Pianello Lario. Questo vuol dire che intorno a lui ancora tutto era buio. Ma non doveva tardare la luce.

Capitolo 6: Voga, Barchetta, Voga!


In una mite sera d'aprile del 1886 una barca usciva sull'onde placide del lago di Como a navigare. Incominciavano a fiorire, ad una ad una, nell'azzurro cielo lombardo, le stelle sfavillanti d'oro: dalle spiagge brillavano i lumi dei paesi adagiati alle carezze del Lario, mentre i monti sembravano taciti contemplare; l'acqua gorgogliando si scostava davanti alla prora della barca che si lasciava dietro strisce di pallido argento, ed intanto il murmure pio della preghiera si levava nel silenzio della notte lunare che ormai s'inoltrava...: "Santissima Provvidenza di Dio, provvedeteci voi! Cuore di Gesú, pietá di noi! Cuore di Maria, pregate per noi!".

Il primo manipolo! Due suore, un gruppetto d'orfanelle pavide e pensose, con pochi fagottelli del più strettamente necessario. "Un tavolino rettangolare mancante d'una gamba, delle sedie ove la paglia era un desiderio, dei ietti che si potevano usare mercé un vero miracolo d'equilibrio..."; una fiamma di fede in seno... e basta!

Ma un sacerdote quella notte pregava a Pianello Lario, nella povera dimora, con ardore insolito, col cuore ripieno di gioia e di speranza. La preghiera di Lui, il Fondatore, vincendo lo spazio, si univa a quella piccola comitiva che il mattino seguente sbarcava a Como e si stabiliva in Via Tommaso Grossi nel luogo sul quale sarebbe sorta poi la Casa Madre, proprio lá, dove Don Guanella "studente in Collegio Gallio, parve presentisse piú d'una volta, quando là saliva a passeggio, che quel terreno sarebbe stato campo di particolari opere sue".

Il montanaro prete visionario gettava cosi con trepida esultanza il suo primo granellino di senapa: I'ora della misericordia, preparata appunto nei giorni piú neri della prova, era finalmente scoccata.

Come?

Il suo predecessore Don Carlo Coppini, sacerdote esemplare, assai amato, morto vittima del lavoro pastorale e dell'odio diabolico di pochi malvagi, aveva scelto alcune Figlie di Maria perché assistessero delle povere fanciullette orfane, che, semiabbandonate, s'aggiravano pel paese.

Venne presa a pigione una catapecchia dove cinque giovani, appartenenti alla suddetta Pia Unione delle Figlie di Maria, decise a lasciare il mondo, si ritirarono tutte dedite ad opere di carità. Ben presto dodici orfanelle e qualche vecchia vennero accolte nell'improvvisato Ricovero. Animatore, sostenitore instancabile, era il piissimo Don Coppini, e quando il 1 luglio 1881 voló al cielo per raccogliere il premio dei suoi sacrifici, tutto sembrò rovinare in quella piccola casa di ricovero.

La Provvidenza mandó invece Don Luigi Guanella, il quale tosto si vide segnare la via; eppure, "indifferente a quanto la Provvidenza sarebbe stata per disporre in seguito", attese pazientemente il manifestarsi della volontà di Dio.

Quando poi, per invito delle Suore, consentendolo il Vescovo, divenne il Direttore di quell'umile comunità, aiutò, incoraggiò, difese e fece anche un tentativo di aprire una filiale ad Ardenno in Valtellina. Il tentativo falli per cause impreviste allora, datasi l'occasione propizia, Don Luigi impavido trasportò la piccola comunità a Como, dove, messa su basi più ampie ed ordinata in vera Congregazione religiosa, doveva essere il primo nucleo delle future opere grandiose.

Ecco perché possiamo dire che da quella barchetta, ormai leggendaria, incominciano le opere della Divina Provvidenza.

Quanto cammino ha fatto quelle barchetta! Essa ha varcato ormai anche l'oceano!

Don Luigi aveva allora 44 anni; più di metà vita spesa nella preparazione e nella lotta. Noi possiamo bene applicare a lui quello che egli stesso diceva in una commemorazione di Don Coppini: "Le anime fiacche quando si vedono avversate si smarriscono; ma i forti, oh i forti! vedono nei loro nemici uno strumento di grandezza morale ed intellettuale, uno strumento di perfezione... La lotta fu per lui un trionfo!"

Sistemata in qualche modo la sua posizione a Pianello Lario, Don Luigi accorreva a Como, alla testa della sua minuscola avanguardia, pronto a nuovo lavoro, a sacrifici più duri, a bufere più crude, per maggiore cammino, pellegrino di amore.

 


Tratto da PIETRO A. TAMBORINI, DON LUIGI GUANELLA - CENNI BIOGRAFICI, Seminario Teologico - Chiavenna, Chiavenna: 1971
http://www.guanelliani.it/dg_brani.php?lid=3&t=4
 

 
 
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